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Anche se da noi, in occidente, la dipendenza da videogiochi non è ancora considerata una patologia, come in Cina per esempio, non c’è dubbio che i giovani passino troppe ore davanti a smartphone, tablet, televisione. E questo eccesso può danneggiare il loro sviluppo.

Spesso mettiamo i bambini davanti agli schermi per comodità, pensando di dargli una distrazione. I bambini hanno bisogno di fantasticare, di gestire le loro ansie, di affrontare le loro paure e condividerle con i genitori affinché possano rassicurarli.

“La tecnologia è un surrogato scadente delle interazioni personali”  dice Catherine Steiner-Adair,  psicologa e autrice del best seller ““The Big Disconnect: Protecting Childhood and Family Relationships in the Digital Age”.

Secondo la psicologa Tanya Byron vi sono alcuni campanelli d’allarme che tutti i genitori dovrebbero tenere a mente: giocare tutti i giorni, passare moltissimo tempo davanti allo schermo, sacrificare altre attività divertenti, dimenticarsi di fare i compiti e litigare spesso con i genitori perché non si vuole smettere la partita sono alcuni dei segnali proposti.

Se sono presenti tali caratteristiche, è meglio iniziare a preoccuparsi e cominciare ad intervenire.

Come i genitori possono intervenire? Ecco alcuni suggerimenti:

  • Anticipate al bambino che il tempo dedicato ai videogiochi c’è, ma ci può esssere anche altro: mettete al corrente vostro figlio del fatto che i videogiochi sono un passatempo divertente ma non l’unico, e per questo occorre intervallarli con diverse altre attività.

  • Decidete un tempo limite prima di cominciare a giocare: stabilite quindi un tempo di gioco, ad esempio un massimo di 60 minuti giornalieri nei giorni feriali, e condividetelo con il bambino. Tenete conto dello scorrere del tempo con un timer. Quando il timer suona, chiedete al bambino di spegnere il dispositivo. Se cerca di negoziare per ottenere più tempo in maniera calma, rimanete saldi sulla vostra posizione ricordando gli accordi. Se si rifiuta di smettere di giocare, inizia a urlare e a fare capricci, potete utilizzare la tecnica del time-out: spegnete il gioco e portate vostro figlio in un luogo della casa che ritenete essere il più tranquillo chiedendogli di stare lì fino a quando non si sarà calmato; offritevi di parlare poi insieme di quanti accaduto.

  • Usate il comando “Salva partita” quando vostro figlio protesta di essere a metà del gioco: in questo modo, una volta terminato il tempo a disposizione, vostro figlio potrà salvare i suoi progressi senza perdere punti, indizi, etc.

  • Quando il tempo è finito suggerite al bambino attività alternative: proponete al bambino altre attività che potrebbero stimolare la sua curiosità, come giocare con altri giocattoli o divertirsi all’aperto, oppure fare un’attività ludica in vostra compagnia. Questo vi aiuterà a distrarlo più facilmente e allontanarlo dal videogioco e rafforzerà il legame tra di voi.

  • Scegliete videogiochi adatti all’età dei vostri figli: tenete conto che oggi la maggior parte dei videogiochi adotta un sistema di classificazione, sulla scatola dovrebbe esserci scritta la fascia d’età a cui è destinato il gioco, preferite quelli che corrispondono agli anni del bambino.

  • Niente console in camera da letto: collocate i videogiochi in uno spazio della casa condiviso piuttosto che in camera da letto dei vostri figli. Questo vi permetterà di tenere facilmente sottocchio il figlio mentre gioca davanti allo schermo e mostrare interesse per il suo uso dei media.

Detto questo, vorrei comunque sottolineare che un uso appropriato dei videogiochi può far parte della crescita di vostro figlio senza avere un impatto necessariamente negativo: giocare ai videogame è un modo per distrarsi dopo una giornata stressante ma, secondo molti studi, può anche essere un modo per rinforzare le proprie risorse cognitive.

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Dott.ssa Francesca Ciocca

 

Psicologa Dott.ssa Francesca Ciocca Francesca Ciocca si laurea in Psicologia presso l’Università di Firenze nel 2004 ( Laurea di primo livello in Scienze e Tecniche di Psicologia dello Sviluppo e dell’Educazione ) e consegue la Laurea Specialistica in Psicologia dello Sviluppo e dell’Intervento nella Scuola ( Sottoindirizzo: Salute del bambino e della famiglia ) presso l’Università di Padova nel 2006.
Si specializza nella Mediazione familiare e nella Consulenza Psicologica, con il Master accreditato dall’AIMEF (Associazione Italiana Mediatori Familiari).
È abilitata alla professione di Psicologa, con iscrizione all’Ordine degli Psicologi della Lombardia.
Ha intrapreso attività di osservazione e di ricerca presso la Canadian School di Firenze.
Ha lavorato nel campo dell’Adozione Internazionale collaborando con il Centro Adozioni del Comune di Firenze e con Famiglia & Minori, Ente accreditato per l’ adozione internazionale.
Attualmente collabora con scuole ed enti in campo educativo e psicologico.
Svolge attività di formatrice e consulente per varie associazioni private.
Conduce l’attività di libera professionista offrendo percorsi di Mediazione Familiare e sedute di Consulenza Psicologica rivolte ad adulti, adolescenti, bambini/genitori.